La Storia della cucina romanesca

La tradizione della cucina romanesca ha origini molto antiche…

All’inizio c’erano le osterie, locali frequentati quasi esclusivamente da uomini, dove si andava semplicemente per bere.

Una trasformazione fondamentale per la storia della gastronomia romana avvenne nel 1831 quando Papa Leone XII con un editto impose che insieme al vino si servissero anche delle pietanze.

Nascono così le “Osterie con cucina”: luoghi non solo per bere ma anche per mangiare, usanza molto diversa rispetto al Nord Italia.

L’ andare “a mangiare fuori”, diviene così un’abitudine che coinvolge intere famiglie.

Nelle grandi occasioni le osterie invadono con sedie e tavoli strade, piazze e marciapiedi come ad esempio nella notte di San Giovanni, dove si andava fuori per la tipica mangiata di lumache o le famose gite fuori porta ai Castelli Romani per le tradizionali Ottobrate Romane.

A fine ‘800 le “Osterie Romane” erano circa 600, locali che riunivano le famiglie e gli amici, espressione di un modo di vivere conviviale dove il vino e la cucina ne erano gli indiscussi protagonisti; nasce così la cultura della “Cucina Romanesca” con i suoi piatti tradizionali.

La cucina romanesca è una cucina senza grandi invenzioni o elaborazioni, fatta di ricette povere basate soprattutto sui prodotti dell’orto e della pastorizia (quella che oggi potremmo definire “cucina a km 0”): dall’orto il popolo ricavava la maggior parte degli ingredienti per le sue ricette come i famosissimi carciofi, le fave, la lattuga e dalla pastorizia ricava pecorino, la ricotta e l’abbacchio.

Il tutto usando lo strutto ma anche tutti gli altri grassi derivati dal maiale come pancetta, lardo, guanciale che sono oggi alla base dei piatti più tipici e immortali delle ricette della tradizione: basti pensare ai condimenti per la pasta più rappresentativi come Cacio e Pepe, l’Amatriciana, la Carbonara o la Gricia, che fanno del maiale l’ingrediente principale.

 

Una cucina povera che non butta via niente e riesce a fare del “quinto quarto” (scarti del macello) una pietra miliare della propria tradizione gastronomica, con particolarità come la pajata, la coratella d’abbacchio, coda alla vaccinara.

Oggi si contano comunemente numerose ricette ufficiali tramandate, che rimangono impresse da più di due secoli nella tradizione culinaria e culturale della città.

Questa memoria sopravvive grazie a numerosi locali dove ancora si tramandano i sapori della tradizione che altrimenti andrebbero perduti.

Una ricchezza per il territorio che necessita di essere protetta e rivalorizzata a vantaggio del sistema paese.

A questo proposito l’Associazione Botteghe Romane si è impegnata a presentare il

Progetto “La Tradizione della Cucina Romanesca”, che intende valorizzare il patrimonio culturale offerto da ristoranti, trattorie e osterie di Roma.

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