
Il cacio romano, importante prodotto caseario, a breve potrebbe ricevere il marchio Dop. È una notizia molto importante per questo prodotto tipico del Lazio, che da anni attende un tale riconoscimento. A richiedere a gran voce il marchio Dop è la Coldiretti che, in un appello all’assessore regionale all’Agricoltura Giancarlo Righini, ha chiesto che il dossier inerente alla questione venga riaperto al più presto, per giungere alla conclusione di una vicenda complessa e articolata.
Le parole dell’assessore regionale Giancarlo Righini sul cacio romano
La risposta dell’assessore all’Agricoltura Righini non ha tardato ad arrivare. “Il cacio romano è uno dei tanti prodotti che rappresenta il nostro Made in Italy e come tale va tutelato – ha detto Righini – ci attiveremo, per il riconoscimento della Dop”. L’assessore ha ribadito anche come il Lazio sia un territorio a forte vocazione lattiero-casearia, con la presenza di un numero considerevole di allevamenti ovini, pari a oltre cinquemila aziende per oltre 800 mila capi. Il marchio Dop per il cacio rappresenta dunque un’opportunità non solo per la valorizzazione del prodotto, ma anche per lo sviluppo del sistema zootecnico, oltre che una crescita economica per la nostra Regione e un valido modo per contrastare quel cibo sintetico che metterebbe a rischio l’intera filiera agroalimentare.
La battaglia legale tra cacio romano e pecorino
La vicenda è complessa e vede al centro una lunga vicenda giudiziaria che si è conclusa da poco. Qualche settimana fa, infatti, la Corte di Cassazione ha risolto la diatriba che vedeva coinvolti i produttori di ovino sardo contro la “Formaggi Boccea”, l’azienda che usa il marchio “cacio romano” per i suoi prodotti. Grazie a questa sentenza il particolare formaggio laziale potrà avere un suo marchio Dop. Prima di questa sentenza importante, il termine di origine protetta era attribuito ad un altro formaggio, il pecorino romano. Nonostante il nome, però, gran parte del formaggio è prodotto in Sardegna e nella provincia di Grosseto. Proprio per questo, da anni, i produttori caseari laziali stanno proponendo l’istituzione del cacio romano di origine protetta. E ora, con la sentenza della Cassazione, siamo giunti alla fine della vicenda, o almeno così pare.
I favorevoli e i contrari al prodotto tipico del Lazio
Naturalmente la decisione della Corte di Cassazione è stata accolta positivamente dalla Coldiretti, con il presidente David Granieri che ha parlato di sentenza importante che consentirà di realizzare un cacio romano di grande qualità e competitività sul mercato. Dall’altra parte, invece, troviamo il Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop che ha espresso contrarietà e preoccupazione in seguito alla decisione della Cassazione. In particolare, secondo il Consorzio, si rischia di indebolire e dividere una filiera fondamentale per la cucina romana e per i territori di produzione.
C’è rischio di confondere i due formaggi?
Già la Corte d’Appello di Roma nel 2019 nella sua decisione ha stabilito che i due formaggi si distinguono e che non c’è il rischio di confonderli. Nella sentenza del 2019 già si definiva il pecorino romano come un formaggio aromatico e piccante, stagionato, impiegato essenzialmente come formaggio di grattugia e prodotto con latte di pecora, ideale dunque per i piatti tipici romani. Il cacio romano, invece, era definito un formaggio dolce, semi-stagionato, che richiama la caciotta a pasta molle di latte anche vaccino ma che non si può grattugiare ed è quindi impiegato solo come formaggio da tavola. Il rischio, dunque, di confondere i due prodotti non sussiste.